L’allevamento del cavallo tolfetano è un elemento peculiare che rispetta i dettami della tradizione: bisogna incavezzare i puledri, organizzare la doma, attività che richiede grande abilità e capacità anche per selezionare gli elementi più adatti, e notevole pazienza.
In passato le mandrie, sia bovine sia equine, potevano essere spostate da una località all’altra, secondo le decisioni del mercante e le condizioni del terreno. Per questo egli doveva conoscere bene il territorio che costituisce la zona del pascolo: il buttero è ancora oggi, pur nella drastica riduzione degli appartenenti alla sua categoria, colui che incarna la sapienza della terra, il curatore e il principale soggetto atto a tramandarne la particolare valenza e mantenerne vive le tradizioni. Il suo lavoro ha interagito significativamente con la tradizionale lavorazione delle pelli, che aveva preso le mosse dalla produzione dei finimenti e dei vari tipi di selle da lavoro. La tradizionale catana, borsa di Tolfa oggi diffusa come oggetto dell’artigianato tipico, era utilizzata dai lavoratori locali per trasportare pane e lardo con cui arricchire l’acquacotta.
Anche se l’attività del buttero è meno intensa di un tempo, le botteghe artigiane continuano ancora oggi a produrre gli strumenti del mestiere, e grazie alla loro notevole bravura ed esperienza ed alla sempre maggiore diffusione del turismo equestre, i loro prodotti oggi travalicano i confini del territorio tolfetano, conquistando il mercato nazionale.
I butteri tolfetani un tempo si chiamavano “pastori”. Nel territorio della Tolfa, infatti, il termine “buttero” nasce in epoca moderna, quando si afferma la tradizione delle feste e del torneo che li vede protagonisti di una competizione che è diventata parte della tradizione locale. Oggi questa romantica figura, col tradizionale gilet e il cappello che lo identificavano nel suo ruolo, non ha più la stessa rilevanza sociale di un tempo, anche se sono ancora molti a farlo per mestiere. l’attività continuerà ad esistere finchè ci sarà il pascolo brado: il cavallo conserva il suo importante ruolo, quello di aiutare l’uomo a radunare il bestiame al pascolo e spostarlo dalle zone più alte dei monti nel difficile intrico della vegetazione. Altre attività, come il foraggiamento invernale, vengono invece effettuate con i mezzi più moderni come i trattori. La vacca maremmana conta ancora molti capi in purezza, anche se vi sono incroci con tori di razza Charolais.
La partecipazione alle fiere e ai tornei consente al giorno d’oggi di indossare il tradizionale abbigliamento, che però assume più che altro un significato rituale, certo non essenziale ma un modo per sopravvivere, per ricordare ogni anno e preservare la memoria storica della festa.
I butteri sono da sempre devoti di S. Antonio, patrono degli animali ed oggi la festa, pur avendo perso la forte connotazione devozionale di un tempo, resta tuttavia uno dei principali momenti di aggregazione rituale della comunità. Oltre alla tradizionale benedizione, il programma della manifestazione prevede una corsa dei cavalli mezzosangue, riti di apertura del carnevale, una corsa di asini e di varie competizioni tra tolfetani a carattere popolare.
Il mese del “buttero”, ad agosto, consente alla comunità di rievocare i momenti più significativi della tradizione, e di tenere vive le usanze legate all’agricoltura e alla pastorizia, articolandosi in una serie di ricorrenze concatenate. Spicca tra esse il Torneo dei Butteri, che si articola in due fasi, torneo rionale e torneo regionale, a sua volta suddiviso in una serie di sfide e competizioni, individuali ed a squadre. La manifestazione è uno dei fiori all’occhiello della tradizione locale, anche se svuotata del suo significato originariamente legato alla vita lavorativa. Il torneo rionale è considerato una “disputa”, cioè una competizione in rodeo a cavallo tra sei squadre che portano il nome delle contrade del paese, Rocca, Lizzera, Poggiarello, Casalaccio, Sughera e Cappuccini. Sono gare di abilità eseguite in abito da buttero come i giochi degli anelli e dei cappelli, che necessitano di un sincronismo particolare tra cavallo e cavaliere, ed il gioco del vitello durante il quale i cavalieri devono catturare, atterrare, legare e marchiare un vitello assegnato tramite sorteggio.
Nessuno dei partecipanti a queste gare è oggi un buttero nel senso tradizionale della parola. Sono tutti figli o parenti di butteri, o anche abili appassionati di cavalli. Si tratta infatti di competizioni complicate, cui è difficile possano partecipare coloro che non operano nel settore. Ciò contribuisce a rinsaldare il mantenimento di tradizioni, capacità ed attività manuali che hanno bisogno di essere tramandate e conservate. Il torneo regionale si svolge nell’arco di più giornate, perchè prevede una qualificazione e una finale.
E’ capitato più volte di assistere al torneo e ho percepito sempre che la manifestazione riunisce i tolfetani, gli allumieraschi e il territorio dei Monti della Tolfa appare ricco del rapporto natura – uomo e la sua storia quotidiana, antica e presente, il cui legame col paesaggio e con l’ambiente continua ad essere fortissimo, appassionante.