Nosy Sakatya, “Isola delle Orchidee”, è situata a Nord Ovest di Djamandjary ed e’ separata da Nosy Be da un tratto di mare di qualche centinaia di metri.
Oltre a visitarla, era lì che, al tramonto il ” sole tornava a casa”, ogni sera con una veste diversa; bastava una nuvola di troppo e il cielo si colorava di rosa, mentre appariva nella distanza dell’azzurro la sagoma scura di Nosy Sakatya; la sabbia, segnata dai mille solchi della bassa marea, si dipingeva di rosso. Uno scenario da sogno, che tutte le sere aspettavamo con ansia per poterlo catturare con le nostre fotografie. È in questi attimi commoventi che diventa facile pensare. Per un lungo periodo della sua storia, l’uomo ha mantenuto un incondizionato rispetto per la natura, intraprendendo, nel contempo, il lungo cammino verso l’evoluzione. La vegetazione, all’epoca ricopriva come un manto ininterrotto tutta la terra e l’uomo perfettamente integrato nei ritmi e negli equilibri della natura, cacciava le sue prede nelle foreste, pescava nei mari incontaminati, raccoglieva rami per costruirsi ripari, cercava frutti selvatici, bacche ed erbe medicamentose. Dopo lunghissimi millenni, gli uomini realizzarono un mutamento radicale nel loro stile di vita inventando l’agricoltura e la pastorizia. Fu questa la rivoluzione che segnò l’inizio delle trasformazioni operate dall’uomo sull’ambiente. La ricerca di nuovi terreni coltivabili per un’agricoltura sempre più intensiva e la crescente richiesta di legname e dei suoi prodotti alimentarono il disboscamento di vaste aree forestali.
Migliaia di ettari di foresta vengono bruciati ogni anno sulla “Grande Terra” per favorire la crescita di erba nuova per gli zebù, o per assicurarsi terreno fertile da seminare; il legno e il carbone sono le principali fonti energetiche dei malgasci. In tutta la prodigiosa successione di mutazioni geologiche, che da centinaia di milioni di anni ha regalato al Madagascar una tale varietà di ambienti, da poter essere considerato un vero micro-continente, l’uomo non è che l’ultimo arrivato.
Il sole spariva dietro l’isola, e Nosy Sakatya restava sempre, come tutte le sere, poco lontana dalla nostra spiaggia, intensamente sentivamo il desiderio di raggiungerla.
Nosy Sakatya, ricca di fiori, di tanti tipi di corallo, con piccole spiagge bianchissime e solitarie, ospita il villaggio di Antanabe, abitato soltanto da poche persone dedite alla pesca e all’artigianato: un semplice ed accogliente lembo di terra che, per il tempo della nostra escursione, ci ha permesso di vivere una romantica esperienza a stretto contatto con la natura.