Miti e leggende dei Monti Sibillini
Un “ Parco per tutti”, così l’Ente Parco dei Monti Sibillini concepisce l’idea di salvaguardia ambientale. Montagne che ospitano il lupo, l’aquila reale, il falco pellegrino e numerose specie endemiche, ricoperte di boschi e da una vegetazione ricca di biodiversità devono essere protette non solo dalle istituzioni ma da tutti. La conoscenza è alla base della consapevolezza e tutti devono avere la possibilità di vivere il Parco nella sua inestimabile bellezza e amarlo.
Corollate da centri storici medievali, le falde montuose mostrano chiari i segni di un ricco trascorso culturale che sposa il paesaggio naturale in un connubio perfetto. Nel cuore dell’Italia questo piccolo paradiso naturale sembra un’isola del passato dove miti e leggende legati alla montagna le donano fascino e mistero.
Sul Monte Vettore che domina la Piana di Castelluccio, Ponzio Pilato “si lavò le mani”, come narra una leggenda. Ma la fama del piccolo lago, di origine glaciale posto a 1940 mt. di altitudine, nasce soprattutto da un’altra storia di maghi e negromanti. Pilato messo su un carro, trainato da tori in corsa, fu fatto morire nel lago, che divenne così maledetto e luogo ideale per riti propiziatori magici.
Il Monte Sibilla fronteggia il lago di Pilato e la mitica grotta dell’indovina è situata a 2175 mt. di altitudine. Un antro angusto che preannunciava un mondo incantato e pauroso, dove la maga ammaliatrice seduceva i cavalieri. Nelle viscere della grotta, chi aveva il coraggio di entrare, doveva affrontare un vortice di vento violentissimo che irrompeva da una fessura che tagliava la caverna ma proseguendo, come per incanto, un mondo magico appariva alla vista: una grotta lussuosa, affascinante che offriva ogni piacere del corpo e dello spirito, da non lasciare più.
Sibilla era una regina splendente circondata da una moltitudine di deliziose fanciulle e dalle fate.
Si narra che il “sentiero delle Fate”, sul versante meridionale del Monte Vettore, sia stato tracciato dalla corsa disperata delle fate coi piedi di capra, che cercavano di rientrare alla grotta prima dell’alba dopo l’estasi trascorsa al ballo notturno dell’Infernaccio. Le storie non finisco qui. Come vuole la consuetudine per ogni mito o leggenda esistono tante versioni e il modo migliore per scegliere la più bella è viverne la realtà, in questa terra umbra dove l’ambiente naturale e l’uomo vivono ancora in piacevole sintonia.